“Musica, maestro!” Questo dovrebbe essere l’invito ad iniziare la sua esibizione; perchè un maestro, lo è sul serio! Non di musica, o meglio, non della musica suonata da strumenti convenzionali, ma di quella prodotta da oggetti tanto cari a noi modellisti. Una melodia orchestrale, generata da complessi di composizione varia: duetto, terzetto, quartetto, quintetto, sestetto e per ultimo settimino. E lui, compositore e direttore d’orchestra, sventola al posto della bacchetta, dapprima l’avviatore, poi lo stick della sua radio e gli spilli dei carburatori, alla ricerca dell’accordo perfetto, di quella risonanza capace di trasformare anche i poco melodiosi rumori dei due tempi, in un suono unico, armonioso quanto rassicurante per chi si appresta a portare in volo una riproduzione plurimotore.
Di modelli del genere, Angelo Montagna ne ha fatti tanti. Sono quasi venticinque anni che si dedica al progetto ed alla realizzazione di plurimotori, ormai praticamente l’unico tipo di modello che porta alle manifestazioni, salvo qualche caso. Chi lo conosce lo sa bene, partito con un Twin Mustang, si è poi cimentato nel 1994 con un esamotore B36, poi (non nell’ordine) un HP42 quadrimotore, un pentamotore HE111 Z, un trimotore Caproni Ca 3 (ora donato ed esposto a Volandia), un P38, un Piaggio P180 Avanti, un B35 tutt’ala quadrimotore, che fa eccezione perché elettrico. Tutti modelli impegnativi. Mai un problema, mai una chiamata mancata ad una manifestazione, le spente ad un motore si contano, in decine e decine di voli, realmente sulle dita della mano di un monco. Non certo una casualità, ma il frutto di anni di esperienza e di una meticolosità che deve necessariamente crescere in modo esponenziale all’aumentare del numero dei motori, pena l’insuccesso. I suoi modelli sono pensati con un pragmatismo ed un’attenzione alla praticità che solo chi vola, e tanto, oltre a costruire, e bene, può vantare. Non sono molti i modellisti che, una volta terminata la realizzazione di una riproduzione, la portano in volo con abilità e realismo, e il connubio costruzione-volo lo si vede anche nella progettazione del modello, studiato per essere fatto andare e non finire appeso da qualche parte a prender polvere. Il modello deve essere montato agevolmente, i motori avviati in tempi rapidissimi, carburati senza contorsionismi, i componenti disposti in modo tale da consentire un’agevole verifica e manutenzione e così via. Attenzioni che Angelo dedica anche ai modelli della domenica. E semplificare, quasi sempre, è molto difficile. “Scusami se ti ho scritto una lettera lunga. Non ho avuto il tempo per scriverla più corta”, scrisse Pascal ad un amico. Frase che non ha bisogno di ulteriori commenti.
Il motore primo che spinge Angelo a cimentarsi in prove del genere è di sicuro la passione. Tuttavia esperienza, capacità e passione, che nel soggetto non mancano di certo, non bastano; ci vuole qualcos’altro: una sfida, che a volte si manifesta semplicemente guardando il trittico di un modello inusuale, a volte leggendo l’incipit di un articolo su “Settimo Cielo”: “… un bombardiere sovietico degli anni ’30 che con i suoi sette motori rappresenterebbe una sfida quasi impossibile per una motorizzazione a scoppio” (anno 3, numero 3). Sfida raccolta!
Il modello in oggetto è il Kalinin K7, un orribile bombardiere degli anni ’30 più simile ad un’accozzaglia di carri armati tenuti insieme da un’enorme ala ellittica di 53 metri e da due fragili code, pensato dapprima per sei motori BMW da mille cavalli ciascuno, che dovettero però essere sostituiti da motori di costruzione sovietica bolsi al punto da richiedere l’aggiunta di un ulteriore propulsore spingente. Di certo il progettista non era particolarmente dotato di gusto estetico (“un aereo deve essere bello per volare bene”, avrebbe detto poi l’ing. Dassoult, ed aveva ragione!), né tanto meno fece bene i conti con le strutture, tant’è che in uno dei voli di prova del prototipo, un trave di coda si tranciò e morirono quindici dei venti aviatori presenti a bordo, sancendo la fine dello sviluppo del velivolo.
Non mi dilungo in dettagli storici sull’aereo vero, dal momento che sono già stati ampiamente trattati sul numero citato di “Settimo Cielo” e comunque disponibili in rete. Preferisco invece fornirvi alcune indicazioni sul modello di Angelo.
La cosa più curiosa è la motorizzazione: sette motori OS 4 tempi, di quattro tipi diversi: due 26, due 40, due 48 ed un 52. Il motivo di questa scelta è semplice: erano tutti motori disponibili nel laboratorio di Angelo.
La costruzione è stata portata a termine in tempi da record: inizio il 2 gennaio 2014 e collaudo il 23 maggio dello stesso anno. Il modello è stato ricavato da un trittico, disegnando a CAD la pianta dell’ala e ricavando le centine con Profili, ed il resto a mano, come solito fare da Angelo.
La tecnica costruttiva è tradizionale, con ordinate, listelli e ricopertura in balsa per la fusoliera, mentre i travi di coda (che rispecchiano la sezione triangolare di quelli dell’originale) sono stati costruiti intorno a due tubi in carbonio, per conferire alla struttura la necessaria rigidità; i musetti sono stati realizzati in fibra. L’ala è costruita in modo tradizionale, con centine longheroni e ricopertura in balsa.
La finitura è stata eseguita rivestendo il modello con Oratex e verniciando con colori catalizzati.
Le fotografie illustrano assai meglio la realizzazione del modello. Le criticità costruttive di questa riproduzione sono state la realizzazione delle gondole motore, che avrebbero ospitato serbatoi e servocomandi del gas in spazi tirati all’osso, e i carrelli sterzanti, sempre per il medesimo motivo.
L’apertura alare è di 3 metri, il peso di 14 kg incluso 1,5 kg di zavorra. Sono stati installati 14 servocomandi: uno per ciascun motore, uno per il profondità, due per alettoni, direzionali e ruote sterzanti, azionati da due riceventi funzionanti in parallelo, senza utilizzare spine a Y. I motori sono accoppiati due a due sullo stesso canale, ma collegati quelli di un lato su una ricevente, quelli dell’altro sulla seconda ricevente, mixando poi i canali. In questo modo, la gestione dei motori risulta enormemente semplificata, potendo agire sulle corse delle farfalle a coppie di motori uguali (un 26 ha la corsa diversa da quella di un 40 e di un 48).
Arrivato il momento del collaudo, Angelo si è attivato seguendo la consueta ritualità, apparentemente scaramantica, ma in realtà dettata dalla lunga esperienza, figlia di decine e decine di primi voli: verifica delle condizioni meteo, verifica della disponibilità dell’avio superficie Speziana di proprietà della sempre disponibilissima famiglia Corbellini, convocazione del solito gruppo di supporter del quale mi vanto di appartenere, ultime verifiche al modello, compresa la prova dei motori. Si cerca di non lasciare nulla al caso.
Appuntamento alla solita ora, primo pomeriggio del 23 maggio alla Speziana. Come di consueto, all’arrivo, Angelo è già intento a montare il modello. Due parole con gli altri amici modellisti presenti, mentre Angelo, cerchi di lasciarlo stare, e limiti le frasi a quanto necessario. Osservi con attenzione e intervieni automaticamente se serve, ora per tenere l’ala intanto che viene montata, ora per allungargli la tanica di miscela; l’intesa è tale che non occorre nemmeno parlare più di tanto. Prova motori: tutto Ok.
Non resta che portare il modello in pista, percorrendo in gruppo quel centinaio di metri di prato, con il prezioso carico trasportato da due di noi, gli altri armati di avviatore, cassetta, telecamere e macchine fotografiche, intanto che qualche amico dell’aeronautica maggiore osserva interessato e compiaciuto dalla piazzola.
Modello in pista. Angelo visibilmente teso. Un minuto circa per avviare i sette motori, con una procedura studiata nei minimi dettagli. Ultima prova motori. Prova comandi. Tutto a posto. Gas gradatamente al massimo. Si parte. Il modello segue una traiettoria rettilinea, con piccole correzioni di imbardata, acquistando una notevole velocità, un ottimo presupposto per un volo sicuro, e poi lo stacco. Il K7 acquista quota. È piuttosto picchiato, ma perfetto sugli altri assi. “Modello picchiato modello salvato”, diceva sempre il nostro Pietro Bellingeri. Angelo comincia a prendere confidenza, dapprima ad una quota di sicurezza, poi, con passaggi più bassi, grazie ai quali si riesce meglio ad osservare il modello. I motori girano come orologi, l’orchestra suona a meraviglia. La sensazione è di essere sorvolati da qualcosa di veramente importante, per il rombo pieno e accordato dei sette OS 4 tempi. Nessuna lamentela da parte di Angelo, buon segno.
Dopo alcuni minuti è il momento dell’atterraggio, che viene impostato sfruttando gli spazi della pista della Speziana. L’avvicinamento è tranquillo, con traiettorie ampie e ben raccordate, fino ad arrivare sul centro pista. Giù i motori, una decisa richiamata finale: il K7 si appoggia dolcemente sull’erba, e finisce la sua corsa davanti ad Angelo. Da sotto i baffi si allarga un sorriso. È il momento dei festeggiamenti, delle pacche sulle spalle, del graduale rilassamento e della telefonata a casa: “tutto bene”; come al solito, aggiungo io. Angelo è sempre più dubbioso di se stesso di quanto lo siamo noi nei suoi confronti, e questo contribuisce a renderlo vincente. Ma noi, che lo conosciamo bene, sappiamo cosa è capace di fare. E ci viene da ridere, quando dice “questo è l’ultimo modello così impegnativo che faccio”.
Dopo il collaudo, il Kalinin è stato alleggerito di parte della zavorra, ed i voli successivi alle manifestazioni in cui è stato presentato hanno entusiasmato i presenti per le sue caratteristiche e per i suoi atterraggi pennellati. L’orchestra ha suonato ancora bene.
Gabriele Tacchi