di Gabriele Tacchi
Cercare di spiegare in poche righe cosa sia l’aeromodellismo radio comandato è davvero un’impresa ardua. Il motivo è molto semplice: quasi ogni tipo di aereo, quasi ogni tipo di propulsore esistente nel campo dell’aeronautica “vera” esiste anche, più o meno diffusamente, riprodotto in scala.
Non si pensi che questa affermazione sia esagerata, e non si pensi neppure che le virgolette usate per distinguere l’aeronautica “vera” da quella in miniatura siano fuori posto. Gli aeromodelli sono infatti aerei veri, che differiscono dagli altri per dimensione, anche se ormai si sono raggiunte ragguardevoli aperture alari, e soprattutto per il fatto che sono pilotati da terra. Ma allora, dove sta il confine tra aeronautica e modellismo, visto che ormai sono di larghissima diffusione in campo militare e civile ricognitori e aerei armati radioguidati? Sono aeromodelli questi, o aerei veri quelli che solcano la domenica i cieli dei campi volo degli appassionati? La mia opinione è che al giorno d’oggi possiamo radunare tutto quanto nella vasta categoria dell’aeronautica, senza ulteriori distinzioni. Vedere la reazione di un ufficiale pilota dell’aeronautica militare davanti ad un Tornado in scala, con ali a geometria variabile e spinto da un turbogetto capace di girare a 120000 giri al minuto, alimentato a cherosene, che consente di far viaggiare il modello a oltre 300 km all’ora, è solo una delle tante dimostrazioni della veridicità di quanto ho appena affermato.
Anche senza spingersi verso l’aeromodellismo ancora elitario, semplicemente a causa dell’alto costo di certi materiali, delle riproduzioni dei caccia a turbogetto, è possibile, frequentando un gruppo modellistico, vedere riprodotto nel piccolo tutto ciò che si trova in scala reale, e anche di più! Un esempio: i propulsori degli aeromodelli, sino a una trentina di anni fa, erano quasi esclusivamente motori due tempi, potenti, regolari nel funzionamento, semplici da mettere a punto, leggeri, ma poco realistici dal punto di vista del rumore. Ora i motori quattro tempi la fanno da padrone installati su tutto ciò che si vuole diventi di un livello appena al di sopra della media dei modelli “della domenica”, salvo naturalmente le eccezioni dei motori da competizione o di particolari installazioni. Quando dico motori quattro tempi intendo veri motori con valvole, punterie, pompe del carburante e persino in alcuni casi compressori volumetrici, monocilindri, bicilindrici, quadricilindrici, in linea, boxer, a V, stellari con un numero di cilindri variabile da tre a undici; per non parlare poi dei motori a pistone rotante a ciclo Wankel.
Per quanto riguarda gli aerei il discorso è paritetico. Avete mai visto volare un Discus o un Blanick in scala uno a uno? Sono due alianti dalle spiccate qualità libratorie ed acrobatiche. Bene, vi assicuro che un Discus radiocomandato di 4 o 5 metri di ala non ha niente di diverso da quello grande; ha anch’esso flap, aerofreni, profilo variabile e tutto ciò che è installato su quello vero. Il volo? Identico. Del resto nelle gallerie del vento delle industrie aeronautiche viene inserito un modello per la valutazione delle caratteristiche prima di costruire il prototipo. Il passo successivo è il modello volante in scala. Volete vedere in volo un P38 della II guerra Mondiale ? Andate da Angelo Montagna e chiedetegli di far prendere un po’ d’aria alla sua riproduzione in scala, vi assicuro che vederlo decollare, retrarre i carrelli e passare sulle vostre teste a tutta velocità, vi farà provare l’emozione di trovarvi a tu per tu di quello vero.
Stesso discorso per le riproduzioni di aerei passeggeri, da trasporto, da velocità, idrovolanti, jet, da record. Insomma, per vedere qualcosa di realistico ma in scala ridotta non avete che da contattare il modellista giusto, e lasciarvi imbambolare dalle sue inarrestabili chiacchierate sulla sua passione che gli dà l’energia per affrontare una moglie o una fidanzata inviperita per aver passato una domenica ad aspettare quel pazzo emulatore di Icaro del suo uomo, che a volte torna a casa stanco, bruciato dal sole ma felice, a volte scornato e con l’automobile piena di rottami di un aeromodello che di colpo si è ricordato dell’esistenza della forza di gravità.
Gabriele Tacchi, 1998