Nobile arte, quella del modellismo. Quando da bambino vieni assalito dalla passione per tutto ciò che vola, passeresti al campo intere giornate, e quelle che non trascorreresti in pista le dedicheresti alla costruzione. Poi arriva il periodo del motorino, delle prime uscite serali, ed infine quello delle ragazzine (“mi, quand s’eri un fiö, dumà a sentì l’udür di fiulet, am rampigavi in si mür”, dice un non tanto vecchio saggio del nostro gruppo), e per un po’ ci si allontana dal gruppo, per poi rendersi conto che una valvola di sfogo ci vuole. Una volta modellisticamente a regime, dopo aver trapanato buchi e buchi in terra con i modelli, dopo essersi tritati per bene le dita con le eliche, dopo essersi bruciati la faccia al sole e congelato i piedi in inverno, si comincia a vivere l’hobby non più in modo stakanovistico e integralista, ma si comincia ad andare in campo anche solo per fare quattro chiacchiere con gli amici tra un voletto e l’altro (andare in campo senza modello porta male, soprattutto al gruppo), bere un bicchiere, mangiare due fette di salame.
Poi quando hai la fortuna di vederti arrivare nel gruppo un cuoco provetto, che non solo cucina divinamente, ma che col cibo ci parla, lo accarezza, lo accudisce e gli vuole bene (quando ancora si muove da solo), va da se che la tua associazione, il GMB, da Gruppo Modellistico Belgioioso diventa Gruppo Modellistico Bongustai. Va bene anche Gruppo Modellistico alla Buona, inteso che il nostro obbiettivo è e sarà quello di star bene in compagnia, spessissimo con la radio in mano ma a volte davanti ad un piatto, senza velleità particolari o ambizioni da ricercatore della Nasa.
Ebbene, questo elemento di spicco non ha mai tenuto in mano una radio in vita sua (in effetti vola suo figlio), in compenso tiene molto bene in mano mestolo e coltello. Pietro Rovida, il soggetto in questione, ha il fisico da cuoco. Nonostante sia dimagrito e non poco (e si sa, un cuoco bello pasciuto già promette bene, ma stare in forma è importante), solo a guardarlo in faccia ti viene da pensare: “questo sa cucinare benissimo”. Per offrire buon cibo, infatti, ci vuole un buon carattere, e Pietro ce l’ha. Mi sono fatto l’idea che uno nervoso e cattivo, non potrà mai diventare un buon cuoco. Cucinare è sacrificio, vuol dire dedicare giornate a fare qualcosa che in un’ora sparisce. E più tempo ci si mette, migliore diventa il cibo, e prima sparisce. Ovvio che per farsi venire voglia di cucinare per più di quaranta persone bisogna essere predisposti a farlo, e godere della gioia di chi ospiti, stando per buona parte della serata ai fornelli. E andare avanti a godere quando senti la gente che dice: “quanto era buono il risotto del Pietro”, magari dopo sei mesi o più.
Vorrei chiudere questa breve digressione dai nostri soliti argomenti aeronautici riportando alcune dediche che il nostro sommo poeta Giuseppe Lanfranchi ha dedicato, a nome del GMB, all’arte culinaria dell’altrettanto sommo cuoco Pietro. (nella foto in alto Sommo cuoco Petrus Rovidas)
Sommo poeta Peppus Lanfranchius